Leo, l’oasi nel deserto

Roberto Beccantini26 novembre 2022

Nel deserto argentino di Doha – deserto di gioco, di tiri, di tutto – l’unica bolla d’acqua non poteva che essere lui. Leo Messi. Sinistro pettinato dal limite, a filo d’erba, su tocco di Di Maria, e palla nell’angolino. Con Diego dentro, a due anni dalla morte, e l’incubo del baratro davanti. Era il 64’: finiva lì, nel delirio del dieci, un’ordalia mai cominciata. Con il Messico del Tata Martino a far catenaccio (fuori Lozano, nel dubbio) e gli opliti di Scaloni a ronzargli attorno, a passo d’uomo.

Persino il capitano pareva vinto dal nulla che lo circondava e al quale, a 35 anni, non riusciva a opporsi. Lo subìva. Triste, solitario y ornamental. Ma i geni sono geni proprio per questo. Hanno antenne che noi non immaginiamo. Il talento che con l’Arabia, pur segnando su rigore, non aveva fatto la differenza, l’ha fatta stavolta.

Restano i problemi, seri, di una manovra indecente, di un Lau-Toro naufrago, di un Di Maria periferico, di un de Paul bulimico. Qualcosa Scaloni ha avuto dai cambi. Da Enzo Fernandez, soprattutto: elementari al River, medie al Benfica. Classe 2001. Entrato sullo zero a zero, ha portato briciole di qualità in mezzo e siglato il raddoppio: di destro, a giro, su invito di Leo. Un golazo, dicono dalle sue parti. Nessuno cantava più Cielito lindo: né in campo, né in curva. Dall’angolo del Messico lanciavano l’asciugamano. Leo palleggiava sornione sopra macerie che, d’improvviso, avevano restituito vite. Nelle redazioni, da Buenos Aires a Rosario, «fracaso» diventava «Vamos Argentina» E Orsato? Bravo.

La rive gauche

Roberto Beccantini26 novembre 2022

Diario mondiale, sesta puntata. Cin cin Francia, prima agli ottavi.

** Tunisia-Australia 0-1. La zuccata di un ex impiegato d’aeroporto, Duke, ha scolpito il risultato di una sfida attratta a lungo dalle seduzioni del pari. In due gare, i tunisini non hanno mai segnato: può essere che per imprigionare i danesi avessero speso molto. Fatto sta che, per i canguri, è bastato sorprenderli in avvio e tenerli d’occhio.

** Polonia-Arabia Saudita 2-0. La volpe (Renard) si è preso la partita, l’italianista Michniewicz si è accontentato degli episodi. Morale: gol di Zielinski, Szczesny-show sul rigorino, molto ino, di Al Dawsari e sulla ribattuta di Al Burayk (più complicata questa di quello), traversa di Milik, palo di Lewandowski, raddoppio di Lewa (al primo squillo mondiale) su «invito» di Al Malki. Lo scarto non «esiste», se non nella fattualità del tabellino. Troppo vanesi, diranno i risultatisti degli arabi. Troppo vigliacchi, urleranno i prestazionisti dei polacchi. A proposito di Renard, ricordate la vecchia battuta di Craxi su Andreotti? «E’ una volpe. Ma prima o poi tutte le volpi finiscono in pellicceria».

** Francia-Danimarca 2-1. Doppietta di Mbappé, rive gauche al potere. Il primo, tutto a sinistra: di destro, a chiudere un delizioso ricamo di Theo. Il secondo, di coscia, su cross di uno smagliante Griezmann (da destra) ed esco-non-esco di Schmeichel. I danesi, per niente proni, erano tornati a galla con una sgrullata di Christensen, perso da Rabiot (a fine contratto e a inizio contatti?). Lo juventino, vivo e spesso nel vivo, si sarebbe poi riscattato con una gran rovesciata. Ricapitolando: calcio fisico e tecnico, bagliori ed errori, e un uomo solo al comando, la sua maglia è blu, il suo nome Kylian.

PlusValencia

Roberto Beccantini25 novembre 2022

Diario mondiale, quinta puntata. Ciao Qatar, eliminato numero uno.

** Galles-Iran 0-2. Giustizia, e non veleno, nella coda. Il rosso, corretto dal Var, al portiere Hennessey all’86’; i gol di Cheshmi al 98’ e Rezaeian al 101’, dopo i pali di Azmoun e Gholizadeh. Un «Irandiddio», in rapporto alla squadra spazzata via dagli inglesi. Complimenti a Queiroz. E i dragoni? Il fumo di Bale e Ramsey ne condiziona la rotta. Sempre o quasi a rimorchio di avversari più organizzati, non solo più assatanati.

** Qatar-Senegal 1-3. Primo hurrà dell’Africa. Provvedono le punte, Dia (con la stampella di un disastroso Khoukhi) e, in avvio di ripresa, Diedhiou. Finalmente un po’ di Qatar: due «signore» parate di un redivivo Mendy e la zuccata di Muntari, nomen omen, capace di alzarsi sopra Koulibaly. I senzaMané capiscono che non è più il caso di scherzare: azione aggirante e stoccata di Bamba Dieng.

** Olanda-Ecuador 1-1. Il bel gol di Gakpo sembrava l’invito a un matrimonio. Invece no, in chiesa non c’erano solo i parenti degli sposi: c’era anche l’Ecuador, squadra ormonica, mai doma, in grado di stuzzicare – con le zanne voraci di Valencia – il pressing quasi garbato dei batavi, le gote del pallido De Jong, le ante di Van Dijk. Il pareggio di Estupinan, al crepuscolo del primo tempo, è stato annullato per il fuorigioco di Porozo, deambulante nei paraggi di Noppert, pivot di 2,03. Nel Novecento, offside automatico. Nel Duemila, a volte no a volte sì. Van Gaal, che difende a tre (mi raccomando: resti fra noi), ha imparato a badare al sodo. E qualche mozzo ne approfitta. Ma, mi dicono, la notte dorme lo stesso. Alfaro, in compenso, è un artigiano argentino che ha trasmesso la sua fame, il suo calcio di branco, tutti lupi finché l’utopia regge.
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